sugarland express

Oggi a tavola una collega ha aperto una bustina di zucchero con eccessiva veemenza, zuccherando i presenti sottoscritto compreso. Non ho potuto trattenere una sonora risata (l'azione era stata esilarante e degna dei migliori film di Jerry Lewis), ma tutto quello zucchero non è bastato ad addolcire i meno spiritosi.
Nel silenzio che è seguito, il treno dei miei pensieri, solitamente su un binario morto, ha preso a correre verso destinazioni ignote alla partenza. Ed essendo un semplice passeggero di seconda classe, non mi è restato altro che ammirare il panorama in attesa del capolinea.
E alla fine questo è arrivato, inaspettatamente (o forse no?) prevedibile e a modo suo doloroso. Il treno ha anche effettuato soste in una quantità di stazioni. Per fare un paragone, è come se, per andare da Milano a Lodi, si passasse per Como, Novara, Torino e Genova.
Un altro collega ora faceva lo spiritoso circa la possibilità di zuccherare il caffè con una grattatina fra i capelli, ma il mio umorismo era in pausa pranzo. Tenevo in mano la mia bustina di zucchero, che recava la scritta Beghin-Say in basso e così in piccolo da passare quasi inosservata. Pensavo ad alcune zollette di zucchero, incartate una per una con quel marchio su un lato e il disegno di un monumento di Parigi sull'altro, e mettendole tutte insieme formavano un puzzle con la mappa ideale di quella città. Ad un tè a colazione una fredda mattina di dicembre, lontano dal mondo dei vivi. Alle piastrelle gelate sotto i piedi e il calore che m'invadeva il cuore. A Orfeo ed Euridice.
Con una doccia ho tolto lo zucchero dalla testa. Il resto non è venuto via.

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