black out

E' giunta l'ora. Vado.

Seguirà un po' di silenzio.

E' dovuto principalmente alla Telecom, ma non mi dispiace l'idea di sedermi davanti al mac e non percepire nella mente un brusio d'attesa, come dalla platea di un teatro prima dello spettacolo.

Solo, per qualche giorno, con i miei pensieri, le mie pagine e le mie parole.

Come diceva Fonzie, "chiariamo un punto": vi adoro, lettori miei. Anche quando gigioneggiate burlescamente su post di cui non potete conoscere la serietà, e anzi soprattutto per questo.

Ma dopo una lunga corsa è giusto fermarsi un poco a riprendere fiato. E tanto più ne ho bisogno dovento affrontare le stanze silenziose e vuote. No, non di mobili, di cui son ben fornito. Ma di -- sempre loro -- ricordi, percezioni, presenze...

...presenze...

E' giunta l'ora. Vado.

Teorema del latte

Se apri un cartone da mezzo litro lo finisci subito.
Se lo apri da un litro va a male.

...ora, applicando questo alla vita...

midnight... all alone on a pavement...

Ecco, avrei voglia di un po' di ferie, non convalescenza.
Mi armo di pazienza... e di cosa dovrei armarmi? Perchè credete che i "pazienti" si chiamino così?

Sotto i miei occhi un fiume d'immagini che scorrono senza riferimenti temporali. L'infermiera che guida la lettiga verso l'ascensore. La strada che corre fuori dal finestrino dell'auto e il blu oltre il guard-rail, e nessuno al volante. Il buio punteggiato da lampioni arancione che illuminano un reticolo di strade oltre la Torre dell'Elefante. Un foglio di carta bianca, quasi abbagliante, che mi lascia un taglio sulla mano. La macchina da scrivere sul tavolo, in giardino, sotto il gazebo di tela. Lontano, sempre più lontano. Vorrei tornare sulla mia isola, a dormicchiare d'estate dondolando sull'amaca, e gatta Miciona che mi guarda con gran perplessità, spettinando il prato con la coda, prima di decidere se la mia pancia valga un po' di mal di mare.

Abbraccio il fantasma esorcizzato dalla mia salute del cazzo. Un attimo prima che svanisca. Continua a svanire, ogni attimo della mia vita. Continua a svanire. Continua.

...another home

Venerdì traslocherò.
O meglio, inizierò a traslocare. Cosa che mi prenderà non solo buona parte del weekend ma, se tanto mi da tanto, anche i prossimi cinque mesi...
Lascerò un sacco di ricordi, qui in queste stanze dei pensieri. Un sacco. E' sorprendente il fatto che vi sia rimasto in effetti così poco. Non capisco. Ho abitato qui un paio di anni e raccolto ricordi per almeno cinque anni. Di chi sarà la colpa, o il merito?

Alzo gli occhi sul ritratto in bianco e nero nella cornice in noce, sulla mia scrivania. Sorride come se non fosse accaduto nulla. Ignora che non mi seguirà al nuovo indirizzo.

...un altro silenzioso addio...
...è sfiancante, ed è pessimo per la mia cervicale...

...per un soffio!

Graziato da Mr. Bean! Questo è certamente il mio perido! Peccato la vecchia stirata che rovina la media...

Grande città, Ferrara. Ma state attenti che i ciclisti vi possono cadere addosso anche dall'alto.

...e ancora non ho concluso gli acquisti per la casa nuova! Ma giuro che non è indolenza, la mia. E' che scegliere non è facile quando il tuo appartamento è ancora un cubo vuoto e polveroso, con i fili elettrici che penzolano dalle scatole aperte in cima ai muri, Se i mobili fossero al loro posto, la scelta dei lampadari (e soprattutto quello fantomatico della sala) verrebbe da sè.

Nota dolente: domani rientro in ufficio. Voglia zero. Che bello sarebbe se, come in un'archeo-reclàme, bastasse solo un Cinar...

sdèng... bong... crash!

Gli scherzi del destino...

Stavo giusto chiedendomi come la vita mi avrebbe fatto pagare la splendida serata di ieri (sarei diventato cieco? o paraplegico?), quando

...spataciàckkk!!...

ecco che ti stiro una ciclista.

Niente di grave, per fortuna. Solo un po' di spavento, una bicicletta da riparare, e il musetto della mia macchinina un po' ammaccatuccio. Ma ora sono un fascio di nervi, e anche se la ragione è mia, rivedermi di continuo (in loop come in una moviola incantata) la scena di questa donna che mi sbuca d'improvviso davanti è a dir poco spiacevole.

A questo punto penso che accetterò il consiglio di un amico e, saltando la tappa a Lourdes, mi farò direttamente esorcizzare.
...

tied up for good

Tempo. Troppo tempo.

Troppo tempo per pensare, in queste giornate di convalescenza. Dovrei anestetizzare la corteccia celebrale con un'inezione televisiva sufficiente a stordire. Film, qualche episodio di X-Files o DS9.

Invece aleggiare qui, tra il letto e il libro e il mac e la scrittura, con la testa che gira, lo stordimento da visione difforme, e nonostante tutto usare il troppo tempo per infliggersi sofferenze inusitate, già espiate, già espunte, che si annidano nelle cartelle sul desktop, con la scusa che è ora di mettere un po' d'ordine a questa vita in sordina, partendo dal computer, cambiando e ricambiando loro il posto, non gettando via nulla. E come si fa a gettar via? Come si fa a disfarsi di parte di sè?

Come in un vecchio cartone animato, dove un cane rincorre una preda trascinandosi in giro per la stanza un gomitolo di spago. E all'improvviso si ferma e si volta e viene preso dall'orrore, perchè con lo spago ha avvolto ogni oggetto fragile della stanza, vasi, lampade, piante, e non può fare un altro movimento ancora senza provocare un disastro.

Nel mio cuore lo spago è teso, e io non trovo la forbice...

annunci vari

Il trip dell'operazione all'occhio continua alla grande. Il fatto di avere funzioni visive diverse a seconda dell'occhio confonde diabolicamente il povero cervello stanco (non abituato a lavorare tanto), per cui vivo in un mondo blandamente lisergico e soffro di mal di testa fulminanti.

Cose degne di nota:

a) ho acquistato la cucina
(ma arriverà non so quando, quindi mi si profila un periodo di cene a scrocco, piatti pre-cotti da micoondizzare, pizza da asporto e, extrema ratio, macdonald's)

b) ho acquistato (quasi tutti) i lampadari
il chè mi permetterà di aggirarmi nella casa nuova senza una torcia elettrica come Diabolik (oltre che di ricaricare la batteria dell'iBook e del cellulare - first things first!)

c) avrò finalmente spazio per ospitare un caro e vecchio amico trascurato da tempo, paziente compagno e confidente in ore meditative, poetiche o tristi: il mio decrepito, impolverato e scordatissimo piano a muro Weißbrot. Bentornato Weiß, dopo tanta cantina un posto in salotto non te lo toglie nessuno!

d) la mia perdurante impossibilità a guidare potrebbe stendere sul weekend un manto oscuro. Non perchè debba andare chissà dove, ma a causa di una singolare carestia che mi ha colpito il frigo (nel quale è ora possibile udire un'eco che non ha niente da invidiare ad una vallata alpina). Questo soprattutto alla luce del fatto che

...udite! udite!...

la deliziosa e intrigante anna_sulle_nuvole ha acconsentito ad abbandonare i nembi ed atterrare sabato sera nella mia ampia cucina abitabile per una cena, e se continua così mi troverò nell'imbarazzo di doverle aprire sotto il naso una busta di quattro salti in padella! Non sia mai! Ho promesso un piatto speciale e manterrò. D'altronde lei ha detto che porterà il dolce...

E quindi m'inventerò qualcosa. Già m'immagino la scena: il vigile che compila con cipiglio severo la multa e io che cerco d'impietosire un lampione. "Le giuro che non ho visto il cartello!! Perchè non mi risponde?"

braci sotto la cenere

Fame in anticipo, cena in ritardo, e come al solito rimango preso in mezzo...

Mi sento così disorientato. Ma non è solo a causa del trovarmi all'improvviso con un occhio miope e uno astigmatico. E' questa cosa strana che si sta agitando dentro, che punzecchia e ridacchia alle mie spalle. Irrequietezza. Scoprirmi comunque me stesso, nonostante tutto. Vedermi allo specchio, un po' nitido un po' sfocato, e riconoscermi dopo tanto tempo nonostante lo sguardo spaventato, i capelli lunghi, i chili presi tentando di colmare il vuoto di una separazione col cibo. E riconoscere la stessa trepidazione di quando suonava piano il telefono all'una di notte, di quando superavo il cancello 11 con la carta d'imbarco come segnalibro a "Il Popolo dell'Autunno".

"ciao te... dov'eri finito?"

...lontano...

moby dick

Parafrasando Melvillle:

"Chiamatemi Ray Charles..."

midnight call

Come in un episodio degli X-Files, in basso a sinistra compare indicazione di luogo e ora.

Ferrara's outskirts
Sunday, March 7th
00:28 A.M.

Una stanza in penombra, illuminata da una lampada da tavolo su una scrivania in ciliegio. Alla scrivania siede, davanti ad un portatile MacIntosh acceso e sulla cui tastiera è intento a digitare come un ossesso, un tipo corpulento. Assai stranamente il tizio indossa occhiali da sole.

L'orologio sveglia barometro Oregon Scientific accanto al portatile scatta dalle 00:28 alle 00:29. E in quel momento [diiin-dònnnn] suona il campanello.

Il tizio alza gli occhi dal computer, guardandosi attorno disorientato. Guarda l'orologio sveglia barometro. Poi, a scanso di equivoci, estrae l'orologio da taschino e verifica.

Le lancette segnano le 00:29.

[diiin-dònnnn] insiste il campanello.

"checcazzo..."

Il tizio si alza, attraversa (sempre con gli occhiali scuri) il breve corridoio senza accendere la luce e, giunto alla porta d'ingresso, sbircia attraverso lo spioncino.

Sagomati da un pronunciato effetto fish-eye, un uomo stempiato ed una donna in vestaglia.

"checcazzo..." forse è l'ora tarda, ma il nostro protagonista non è molto originale e tende a ripetersi un po'.

[diiin-dònnnn]

Un respiro profondo, una mandata di serratura, e la porta è aperta.

"Si?" dice il tizio in occhiali da sole al buio.

"Hai sentito il terremoto?" dicono i due, sovrapponendosi l'un l'altro.

"Eh?" Il tizio è pure rincoglionito a causa di dosi massicce di antibiotici assunte tramite iniezioni intra-muscolo, che gli somministra l'infermiera ottantenne Lisetta massaggiandogli la natica per un quarto d'ora prima di affondarvi l'ago (n.b. un dettaglio come questo in una vera sceneggiatura non lo troverete mai, non fa avanzare la vicenda).

"Il terremoto! Il terremoto! L'hai sentito?!"

Pochi minuti prima il tizio era intento a scrivere una breve poesia ispirata alla quiete della notte e non solo

a) non ha sentito alcun terremoto, ma
b) cominciano a girargli.

"Non ho sentito nessun cazzo di terremoto. Spero che venga davvero e che abbatta con violenza il vostro lato del palazzo!" vorrebbe dire il tizio in tono alterato. Invece dice:

"Non ho sentito niente..."

Senza scusarsi o salutare, i due schizzano verso la porta più lontana del piano.

Il tizio richiude la porta e ridà un paio di mandate di serratura, rimanendo di nuovo al buio con i suoi occhiali da sole Alain Mickli. Ritorna strisciando i piedi alla scrivania.

"In questo palazzo sono tutti fuori di testa" dice ad alcuni puffi seduti qua e là in salotto. "Meno male che ci siete voi che mi aiutate a mantenermi sano di mente..."

E tutti insieme si mettono a cantare un'aria dal Rigoletto.

terminator

Freme la vita, appena oltre queste pareti. La notte. Il venerdì notte, fra tutti. Io rintanato in casa con gli occhiali da sole, mi sento un po' come in un film di fantascienza. Apro e chiudo la mano un paio di volte, così a titolo di esperimento. Uhm... è un rumore metallico, quello che ho sentito? Il ronzio lieve di un servomeccanismo celato sotto pelle artificiale?

Vado in camera e mi osservo allo specchio da dietro gli occhiali neri. Indosso un'espressione neutra e con la voce profonda dico la battuta di Schwarzenegger:

"I'll be back"

Poi scoppio a ridere.

C'ho pure l'occhio insanguinato.

Schwarzy, m'hai rubato la parte per un soffio.
Fuori con mio padre, così gentile da farmi da chaffeur. L'operazione è fresca fresca e, ovviamente, non posso guidare. Però devo traslocare entro il 31 marzo quindi ho bisogno di fare acquisti (ieri la cucina, oggi lavatrice), nonostante la spossatezza dell'intervento e questi antibiotici che sembrano volermi più morto di uno streptococco.
L'autoradio sussurra in sottofondo nel traffico di via Bologna. E quando meno me l'aspetto ecco la stilettata. Una dj dalla voce suadente annuncia una dedica. Da ** a ** con tanto amore. I nomi sono dei perfetti sconosciuti, ma...

"Hey, baby come 'round
keep holding me down
and I'll be keeping you up tonight"

Dieci. Mesi. Fa.
In auto sulla transpolesana. La mia macchina del tempo mi conduce verso il futuro. Il cd gira gira gira. E una parte di me si aggrappa ad un corrimano del Titanic con l'illusione che non affonderà. Il cd gira.

"A four-letter word got stuck in my head
the dirtiest word that I've ever said
it's making me feel alright"

Aeroporto Catullo.

"For what it's worth, I love you!
and what it's worse I really do
for what it's worth I'm gonna run run run
'till the sweetness gets to you
and what it's worse I love you!"

Un portachiavi di Hello Kitty. Promesse non mantenute. Pulcini di cernia. Un collare d'ambra. Affondare al largo di Terranova, senza un abbraccio, senza un'ultima affannata stretta di costole, senza un singhiozzo. Cinque ore in aeroporto e il cd gira.

La canzone termina con la voce della dj che si unisce al ritornello.

...for what it's worth, I love you...

Smonto davanti a casa mia pensando a dove accidenti ho messo quel cd. Devo regalarlo a qualcuno. Oppure no. Devo tenermelo e, anzi, ascoltarlo ogni mattina appena sveglio, mentre mi rado. Ogni sera, tornato dall'ufficio, mentre riordino e (se sono in vena) cucino. Ogni notte, poco prima di addormentarmi.

Confondere ricordi con ricordi.

...e io che pensavo di aver imparato qualcosa da Orfeo ed Euridice. Sarà per domani.

inutile

Sarà la stanchezza, l'ansia che mette inevitabilmente addosso trovarsi sotto il bisturi anche solo per pochi minuti, ma non mi sono mai sentito tanto inutile.

Tirate le somme, ho addosso un bel po' d'armamentario.

1. rene trapiantato;
2. stent nell'arteria coronaria discendente anteriore applicato con cateterismo;
3. 4 cm di vena safena che dovrebbero logicamente trovarsi nella mia caviglia, finiti nel polso sinistro a turare una falla dell'arteria radiale;
4. lente intraoculare da 12 mm installata ieri in luogo del cristallino dell'occhio sinistro, e in attesa di fare lo stesso col destro.

E mi chiedo... a che serve tutto ciò?

Ora sono stanco e dovrei essere rottamato e quel po' di dolcezza che ho avuto nella mia vita se l'è presa la salute nell'abbandonarmi per l'ennesima volta, da amante infedele quale è sempre stata.

A che scopo terapie, interventi, convalescenze?

tutto

inutile

trip!

Fatto.
Sostituito il cristallino dell'occhio sinistro con una lente zeiss. Io ho insistito fino all'ultimo per uno zoom, ma non mi hanno dato retta.

L'intervento è un vero trip. Luci colorate che girano e s'amalgamano, scintille dorate, abissi minacciosi, larghe macchie cremisi che galleggiano nel vuoto per scivolare via, lavate da gocce cristalline... Stai a vedere che quel frikkettone dell'anestesista mi ha narcotizzato con l'LSD!

Un po' stanco e rintronato, ora.

Un abbraccio

il vostro
enri

a Cupàr

Beh, domattina inizia il calvario degli occhi... Operazione di rimozione della cataratta. S'inizia col sinistro e tra una settimana faranno il destro. Uffa...

L'unica cosa positiva (a parte gli sperati effetti di recupero della visuale anteriore), è stato incontrare all'ospedale di Copparo, a distanza di 12 anni, la mia prima infermiera di dialisi.
La scorsa settimana, seduto in attesa di essere visitato, me la sono vista passare davanti spingendo un carrellino medico con quel suo sguardo capace di liquefare acciaio inox 18/10, ma lì per lì non l'ho riconosciuta subito. Quando è tornata sui suoi passi ho invece capito che era proprio lei: il mito in persona.

Ricordo come fosse ieri il mio primo ingresso in sala dialisi. Io con l'aspetto che Giovannino Guareschi avrebbe definito da "spumarino pallido". Quattro infermiere mi assalgono parlando tutte assieme dicendomi che non posso stare lì e chi diavolo mi ha fatto entrare, prima di rendersi conto che sono un paziente. Ma sotto quella gragnuola di parole io non presto attenzione a nessuno, intento come sono ad osservare le squadrate, grottesche, sinistre e sibilanti macchine da dialisi.

Ammetto senza problemi il mio terrore. Nessuno si era preoccupato di dirmi che cosa fosse la dialisi, come funzionasse e quali fossero gli eventuali rischi. Per quel che ne sapevo avrei potuto essere legato ad una delle poltrone che avevo davanti e tormentato con un ferro rovente tutto il pomeriggio (avrebbe, una cosa del genere, efficacia terapeutica? Boh? Magari un effetto placebo...). In questo clima di ansia tangibile, mentre sto considerando l'idea d'evadere infrangendo la vetrata di una finestra, L. mi punta addosso il dito come una Luger nonchè il suo sguardo sciogli-inox apostrofandomi con le parole magiche: "A tì ag pensi mì, adèss" (trad: "di lei mi prendo cura io, signore"). Sottinteso: "tì 'ta tènti, c'a t'al sà!" (intraducibile).
Ebbene, per qualche ragione, il tono minaccioso di quest'annuncio (che ha dell'inquietante anche a distanza di 12 anni), ha potere d'acquetarmi. Quando vengono sguainati aghi delle dimensioni di spade da samurai è come se non li vedessi neppure. Il pensiero è: "lei sa cosa c'è da fare. Bene, molto bene. Anzi, ottimo!"

Ciò non vuol dire che poi, da quel momento, tutto smise di botto di sembrarmi spaventosamente pericoloso. Per quello mi ci volle un po' più di tempo. Però debbo dire che le infermiere, avendomi subito inquadrato come una persona emotiva, cercarono di sdrammatizzare ogni problema che si presentò. J., per esempio, accortasi di avermi forato "troppo", mantenne il sangue freddo e con l'aplomb da gentildonna inglese si limitò a bestemmiare a voce alta, scagliare a tre metri di distanza una tanica di Amuchina con un calcio, ed esclamare leggermente risentita: "a t'ò ruinà al brààaaazzzz!!" (trad: "le ho causato un leggero ma seccante problema al braccio, signore").

E' possibile pensare con nostalgia ad un periodo così difficile della propria vita, come quello trascorso in dialisi? Forse si. Perchè nei propri ricordi si tende a trascurare gli elementi negativi, soprattutto se quelli positivi sono piacevoli da serbare nel cuore. L. che si aggira tra le macchine da dialisi imitando l'allora in voga Sig.ra Coriandoli e il suo "taleeeefonoooooo!!!", o che estrae i numeri della tombola (ebbene sì, giocavamo a tombola) con una voce che è stata inserita tra i fattori dell'inquinamento acustico cittadino.

Gira e rigira, ciò per cui val la pena qualsiasi cosa, è e rimane il fattore umano.