una pietra

Il moroso dell'amica di un cugino di un'amica di un collega, a quanto ho saputo quest'oggi in pausa pranzo, s'è beccato una pericardite. E visto che non basta che piova, deve diluviare, all'ospedale hanno pure combinato un pasticcio, ritardando la diagnosi (poi fatta addirittura da un altro ospedale) al punto che il poverino, una volta guarito, non avrà comunque speranze di tornare come prima. Brutta storia.

Mentre il collega della quale amica il cugino ha un'amica il cui moroso è convalescente da pericardite parlava (*), al sottoscritto è sfuggita una frase che ha fatto cadere il silenzio sulla tavolata.

La frase suonava: "E' terribile. E la cosa più sconvolgente è che è come essere una pietra."

Invece di mangiare i loro cappellacci di zucca al ragù, tutti mi guardavano in attesa. Così ho proseguito: "Il tuo corpo non risponde. Non ti dà retta. Nemmeno per gli sforzi più insignificanti. Terminato il fatto 'acuto' non provi sintomi, non senti dolore e non ti senti spossato o anche solo affaticato. Non hai un solo indizio che ti dica che non puoi farcela. Però non ce la fai. Te ne stai lì, seduto sul letto, ed esprimi mentalmente il desiderio di alzarti, fare i tre passi che ti separano dal lavandino e lavarti i denti. Dài anche gli opportuni impulsi motori ai muscoli interessati. Lo senti, è tutto a posto. Ma il risultato è niente. Non ti muovi. Non puoi crederci, sono solo tre passi e non riesci a farli. Ma è così. Non ti muovi, non ci riesci. Perché non è vero che è tutto a posto. Dentro di te, nel tuo petto, c'è qualcosa che non funziona come dovrebbe, e tutto, tutto il resto, senza quello è inutile o quasi. Quando arrivi a capirla, questa cosa è sconvolgente."

Dopo un attimo di silenzio ha ripreso il collega.

"E' vero! Il cugino della mia amica ha detto che il moroso della sua amica ha detto che è proprio così!"



(*) diciotto parole per indicare il soggetto della frase: ho battuto qualche record?

misteri misteriosi

Ecco,

alle volte ci si scontra con fatti così, apparentemente figli del caso, ma della cui origine non si può non interrogarsi. E l'esegesi del pensiero diventa quindi un gioco di speculazioni barocche e, diciamolo, autocompiacenti, un esercizio arido e cerebrale destinato a non portare a nulla.

Okay, forse non c'è un vero motivo perché le pareti del reparto di Fisiopatologia Respiratoria siano decorate con fotografie di vulcani in eruzione.

boh?

...e adesso che gli dico?

Raccolgo le sudate carte, esco dalla sala di lettura, scendo la scalinata di marmo.
C'è qualcosa, nell'aria, che ronza ma che non so spiegare. Mi guardo intorno, mentre scendo, un po' disorientato, cercando di mettere a fuoco. Niente. Afferro al volo il giubbotto di lana, che fuori comincia a fare freschino, saluto un amico che mi risponde con un cenno della mano, e spingo la porta a vetri.
Fuori, ovviamente, è buio. Sotto il lampione alcuni studenti tirano tardi in chiacchiere. Li guardo con affetto, ricordando i miei giorni sui libri.

E' quando mi raggiunge trafelato P. fermandomi per il braccio esclamando:

"Cazzo, ti sto ricorrendo dal piano di sopra!"

E poi: "Ma sei sordo?!"

da Roma con furore

Due perle udite durante il mio recente soggiorno a Roma.

Al bar:

"Me fai il caffè?"
"Me fai morì! Ecchè vuol dì 'me fai il caffè'? E mmettece er numero davanti: uno, due..."

In pizzeria, la padrona alla cassa rivolgendosi a clienti insoddisfatti dello sconto:

"Basta, oh! Il muro del pianto stà in Israele!"