l'inverno del nostro scontento

Che cavolo...
Sono in grado di costruirmi attorno delle scintillanti gabbie di razionalità, ma non sono in grado di costruirle perchè durino. Come la casetta di paglia del più scemo dei tre porcellini, basta un soffio perchè mi cada addosso l'intera splendida struttura.
Poi m'aggiro fra le macerie dorate (torna Tori Amos con Gold Dust), rovistando tra i detriti, recuperando frammenti che giudico preziosi anche così contorti e inutili.
Raccontare storie è una scusa per allontanarsi dalla propria. Ma la sera, soli e in silenzio, le parole non si possono ingannare.

Amo invece ricordare degl’inverni
— o di quello che li contiene tutti —
quando sbocconcellavo immeritati affetti
da mani porte in amicizia
amore pietà
sensi patetici di colpa;
quando scosso da brividi
mi facevo gioco della stessa solitudine
con abili giochi di prestigio
e lei rideva
divertita e prestigiatrice migliore di me;
quando uscito di casa senza motivo
passeggiavo senza meta e rincasavo
senza sapere perché;
o quando ucciso dall’evidenza
della mia mortalità
me ne facevo fregio con eroici sorrisi
in società suscitando un rispetto
che era quanto solo non desideravo.
Dio! Quel senso d’abbandono
che non lasciavo
che non lasciava mai!
Tutto ritorna
evocato
ritorna tutto ma
mi accorgo che questa benefica coltre
si va diradando
tra strappi mal cuciti e fili
con una sola estremità.

politically correct

Oggi giornata cinematografica.
Ho finalmente trovato l'occasione e il tempo di vedere dei film che mi ripromettevo da tempo. No, niente roba d'essai di registi dai nomi dalla fonetica incerta. Roba più semplice e commerciale. Ovvero quel "There's something about Mary" dei fratelli Farrelly che pochi anni fà suscitò un certo interesse per la sua presunta politically uncorrectness. Prima di vedere il film mi ero scaricato da internet la sceneggiatura e avevo iniziato a leggerla, ma avevo dovuto interrompere la lettura quasi immediatamente perchè, giunto alla scena della zip, mi ero quasi incrinato una costola per le risate.
Che dire? Il film è certamente molto divertente. Ma politically uncorrect? Okay, vi sono diverse situazioni in cui in scena ci sono persone handicappate mentali (ovviamente attori che recitano la parte di handicappati), ma non si ironizza su di loro. Tutt'altro. La protagonista li ama e li coccola. Noi spettatori li amiamo tramite lei, e ci indignamo invece quando un tizio senza scrupoli (un esemplare Matt Dillon) li usa subdolamente per conquistarla. Le esilaranti contorsioni del personaggio semi-paraplegico per raccogliere le chiavi, poi, assumono un'importanza tutta loro quando si scopre che in realtà quest'altro tizio dissimula una salute di ferro attraverso le stampelle, sempre per conquistare Mary.
There's something about Mary è molto più "conformista" di quanto le sue sequenze grottesche possano indurre a credere. Qualche tempo fa girava una simpatica email dal titolo "quello che i film vogliono farci credere". Tipo: che appena hai bisogno di parcheggiare trovi un posto esattamente davanti alla porta del luogo dove ti stai recando, oppure che in qualsiasi momento tu accenda un televisore o una radio stanno trasmettendo una notizia di vitale importanza per te, o che "i buoni vincono sempre". Ecco, quest'ultima voce è un pochino troppo generica, anche se sostanzialmente vera. Non è questione di "buoni" ma di scelte. E' un qualcosa di profondamente insito nella struttura stessa dei film di scuola americana. La cosiddetta (notare le maiuscole, prego) Struttura In Tre Atti. Non è luogo questo per tenere lezioni di teoria della sceneggiatura (e nemmeno io sono abbastanza compente per farlo), ma l'equivoco è presto risolto. Nella stragrande maggioranza dei film americani è la suddivisione nei tra atti canonici (impostazione, sviluppo e risoluzione) a suggerire la condotta del protagonista, quale che sia il genere della storia. Al termine del secondo atto l'eroe è sempre costretto a prendere una decisione grave e irrevocabile di cui la risoluzione del conflitto sarà diretta conseguenza. L'eroe è costretto a fare la scelta giusta, la scelta coraggiosa e tempestiva, e sarà compiere questa scelta (il semplice fatto di) che produrrà gli effetti del terzo atto. Ben Stiller ama Mary e questo lo porta a fare "la scelta giusta", anche se così facendo è certo di perderla. Tutti Pazzi Per Mary è una commedia romantica (per quanto a tratti grottesca), e quindi alla fine la scelta di Ben Stiller è quella vincente, e dimostrando alla ragazza il suo amore sincero gli permette poi di poterla avere. Ma se anche ciò non fosse stato, il finale sarebbe stato poi così amaro? Confrontiamolo con quello del geniale Provaci Ancora, Sam di Woody Allen (e per trasposizione con quello del grande classico Casablanca). Diverrebbero praticamente identici: l'eroe rinuncia alla donna che ama ma in cambio guadagna una nuova coscienza di sè e una visione più ottimista del futuro. Sarebbe comunque un lieto fine.
Non sto contestando la scelta del finale del film dei Farrelly, anche se la scena in cui Ben Stiller se ne va piangendo (come quel liceale che da 13 anni non ha mai smesso di essere, grazie all'amore che prova per Mary), è talmente poetica e carica di empatia che io avrei chiuso lì, su quel pianto liberatorio. No, quello che sto dicendo è che secondo me per essere veremente politically uncorrect, un film ha bisogno di un approccio un po' più vicino a quella realtà che se ne infischia alla grande che si sia fatta la scelta giusta al momento giusto. Quella arbitrarietà (vedi messaggio sulla sfiga) che scombussola ogni nostro piano nei modi più imprevedibili e spesso drammatici, e magari anche grotteschi alla maniera dei f.lli Farrelly. E in ogni caso fare una scelta e ottenere il premio cui questa scelta si riferisce non sono affatto legati nè automatici. Nella vita reale la scelta giusta (o quella che credi che sia la scelta giusta), spesso non premia nè con la ragazza nè con una nuova coscienza di sè. E' più probabile che faccia guadagnare un bell'esaurimento nervoso.
Il film merita, non c'è che dire. Ma se siete alla ricerca della "scorrettezza" politica credo che dovrete andarla a cercare altrove.
Per la cronaca, i f.lli Farrelly sono anche autori di una piccola perla sottovalutata dal titolo Kingpin, che a mio parere è molto superiore a Tutti Pazzi Per Mary (certo, il cast è meno famoso...).

zerocarote

In ferrarese si dice "zurnadàza".
Ovvero "giornataccia". Ma non a causa del ritmo frenetico di lavoro, o di una qualche vessazione di cui non sono stato oggetto. No. Oggi è stata la giornata delle voglie. Insopportabili, incontenibili, ineludibili.
Verso le 11:30 s'è sparso per i corridoi (e io so che è così, anche se colleghi e colleghe negano con veemenza sospetta) un profumo di carne alla brace da risvegliare i morti. Non ho mai sentito niente di tanto appetitoso se non nelle più rinomate steak-house houstoniane. Il problema era: da dove cavolo veniva? La troppo rapida investigazione che ho potuto svolgere non ha portato risultati, e quindi, fiutando l'aria come un animale da preda, mi sono semplicemente rassegnato a mandare in giù per il resto della mattinata. Verso l'una l'odore (il profumo) è svanito misteriosamente come era apparso. Stizzito e smanioso di una qualche rivincita morale, a pranzo ho mangiato pesce spada.
Nel pomeriggio i miei pensieri sono stati turbati da 2 (due) chiodi fissi: carote, e un disco dei Sisters Of Mercy che ascoltavo quando avevo 16 anni e che, improvvisamente, mi è sembrato questione di vita e di morte possedere.
Inutile dire che, appena passato il badge, mi sono fiondato alla ricerca fremente di carote e CD. E sono rimasto a bocca asciutta per entrambi gli articoli.
Ad onor del vero debbo dire che di carote ce n'era a iosa. Ma il punto è proprio questo. Pare che nei moderni supermercati, al fine di concedere prezzi "all'ingrosso", gli ortaggi si vendano al quintale. E non avendo io un allevamento di conigli con cui condividere i miei pasti ho preferito desistere dall'acquisto, piuttosto che essere poi in un prossimo futuro costretto a buttar via.
Non parlo del cd per evitare una ricaduta di depressione. Dov'è finita tutta la musica degli anni '80? Nessuno sà più niente di Sisters Of Mercy, Spear Of Destiny, Cocteau Twins, Tuxedo Moon. Sullo scaffale, dove un tempo avrei trovato Siouxsie And The Banshees ora c'è Shakira. Gli Spear of Destiny sono stati sfrattati da Brittney Spears (ugh!). E non proseguo, che è meglio.
Zero carote, zero cd. Affogherò il dispiacere nella pizza surgelata che avevo messa da parte per i giorni di pioggia.

to re-read or not to re-read?

No, non è vero che non c'è nulla da raccontare. C'è eccome. E' una piccola cosa, ma non deve rimaner taciuta.
E' stato ieri. Ho fatto una rapida visita ad un amico e sulla sua scrivania ho rivisto la copia stazzonata de Il Giovane Holden che gli sta tanto a cuore. La conosco bene. Ero con lui quando l'ha comperata, anni fa. Stuzzicato, ha ammesso con soddisfazione che questa è la sedicesima volta che lo legge. Non ho potuto trattenermi: "ogni volta che rileggi questo libro" gli ho detto, "perdi l'occasione di leggerne un altro che potrebbe piacerti anche di più." Lui ha sorriso e non ha ribattuto.
A casa, prima di addormentarmi, ho ripensato a quell'assurdità. Il Giovane Holden sedici volte, con tutto il ben di Dio che si può trovare nelle più comuni librerie. Poi ho acceso l'abat-jour e ho attaccato il terzo atto dell'Amleto.
Non resisto. E' la ventesima volta che lo leggo.

s-ragionando

Strane giornate senza una direzione, queste.
Di quelle in cui la coscienza s'allontana mentre accendo il motore per andare in ufficio, e ritorna in me mentre parcheggio davanti a casa, la sera.
Sono addirittura senza citazioni... da non credere!
Mi spremo il cervello per capire se è successo veramente qualcosa degno di essere raccontato (e di solito, anche la cosa più infinitesimale, c'è). Ma niente. Tutto inutile.
Che sia un complotto?
Il collega che spara cazzate a raffica in questi giorni è costretto al silenzio da una recidiva d'influenza. Quello caustico sembra in pace col mondo. Potrebbero fare apposta per indispormi? Subdorando il mio interesse, il mio continuo attingere alle loro deliranti performace per fini di... di? Per quale ragione dissimulo tanta attenzione al loro modo d'essere e d'interagire? E' così esecrabile la mia curiosità sui molteplici modi in cui l'umanità viene a manifestarsi?
Notare le cose mi rende più partecipe, mi fa sentire più vivo. E a proposito di vitalità, visto che non ho citato nessuno fino a questo momento: "Cristo è morto, Dio è morto, e neanch'io mi sento troppo bene." Forse sono questi macigni di ricordi dello scorso novembre, che è impossibile smuovere senza la gru che non ho.
Andiamo a Corte? ché, a dire il vero, oggi non riesco a ragionare.

bla bla bla

Pessima giornata recuperata in serata.
Pokerino con gli amici. Veramente divertente, e non perchè ho vinto l'iperbolica cifra di tre euro e mezzo. Il relax (ma il termine corretto dovrebbe essere "lo sbrago") è stato totale. Non c'era bisogno di nessun "atteggiamento", Ogni cosa andava bene.
Per qualche ragione arcana le mie notti sono enormemente più piacevoli delle mie giornate. Devo avere sangue vampiro, nelle vene.
Buzzati, che in questi giorni m'assale a tradimento nei momenti più inaspettati, in ufficio, durante una conversazione telefonica, continua a suggerire le parole:

e già il futuro, l'immaginazione
non era una notte da Andersen
bensì una notte alquanto francese
la nebbia, cominciava la stagione


E al diavolo tutto. Tanto domani è venerdì (queste sono parole mie!)

*

Oggi
è anche mio lutto e sono
senza preghiere
che un Dio possa udire

più del silenzio che ho nel cuore.

fotografie

Certissimo di aver messo il tal libro su un certo scaffale (quello più alto, ovviamente), e "pirando" (verbo ferrarese genericamente traducibile come "aver pochissima voglia di esercitare le enrgie necessarie per compiere l'azione in questione") a procurarmi qualsivoglia mezzo d'ascensione, tipo sedia, che avrei dovuto trasportare dalla cucina (fatica!), ho iniziato un esercizio di stretching estremo grazie al quale il mio polpastrello è giunto infine a sfiorare il dorso dell'oggetto desiderato. Incoraggiato dal risultato, proteso verso l'alto che neanche Reed Richards, per superare gli ultimi centimetri m'è venuta l'idea balzana di fare un saltello. E ho in effetti raggiunto e afferrato il libro di cui sopra, ma a lui sono venuti fragorosamente dietro una quantità di altri libri, tra cui un manuale in due volumi di diritto amministrativo e il dizionario Sansoni italiano-tedesco,
E un album di fotografie.
Nonostante sapessi da sempre che quell'album fosse là sopra, ritrovarlo così è stata una sorpresa gratificante.
Dimentico del libro, ho iniziato a sfogliare le pagine plastificate rituffandomi nel passato zuccheroso delle foto di gruppo, cene, feste, gite e via così. Chi di voi ha visto il film One Hour Photo, sa di cosa sto parlando. Le foto sono ricordi selettivi. Ritraggono i momenti migliori. Gli altri rimangono "uncovered" (se mi passate il termine).
Forse in virtù dell'altalena emotiva su cui volteggio da giorni, le foto mi hanno procurato le reazioni più disparate, dalla commozione all'ilarità irrefrenabile. Fred, da dieci anni a questa parte, non è cambiato di una virgola. Temo che da qualche parte vi sia un suo ritratto che invecchia al posto suo. Jeff, fierissimo della sua Acura nera e lucida e lo sguardo sciroccato. Morto di aids ma non dimenticato. Nel mio portapenne ho il suo portachiavi. Eleni con la sua espressione perennemente perplessa, e la scia di macchie (vino, cioccolato, ecc.) seguendo la quale potevi rintracciarla ovunque. Ora è migliorata, ma l'amiamo lo stesso. Io e Massimo con il sombrero nero da mariachi che imitiamo i Tres Amigos (anche se siamo in due) alla festa di laurea di Lily e Chris... Ha! Elsa (la tira-sòle) messicana caliente, gestiva benissimo la quantità di ormoni che la sua sola presenza era in grado di sprigionare in noi, semplicemente non presentandosi agli appuntamenti. Ora è manager alla Shell. Deddy (ma voi lo sapevate che si pronuncia Didi? Cioè, a dir la verità ero io che non sapevo che si scrivesse Deddy!) che gira attorno a Massimo come una luna. Ora in Pensylvania, sposata con Brent, quattro marmocchi e uno in arrivo (mi arrivano puntualmente cartoline natalizie che ritraggono tutta la famiglia, ogni anno più numerosa). Leslie, texana verace dagli stivali alle patatine BBQ flavored (ma solo flavored, però), che girava con tutti i suoi averi in macchina come una nomade, e faceva il pane alle feste cui presenziava. Ora un caso per "Chi L'ha Visto?" C'è chi dice che sia in Francia, chi crede di averla riconosciuta tra gli ospiti nelle foto di nozze di amici di amici, ma nessuno è veramente sicuro dove sia.
Potrei proseguire. Ogni foto è una scatola cinese d'emozioni, di ricordi. Perdonatemi se non lo farò. Ci saranno occasioni. Un sacco di storie da raccontare.

cd

Consumerò questo cd a furia d'ascoltarlo.
Rubinstein con le dita su Chopin, la copertina fotocopiata e un mini adesivo di Hello Kitty. Se ci fosse un terremoto, fuggendo di casa è l'unica cosa che mi ricorderei di raccogliere.
Rigiro il jewel-case tra le mani. L'originale l'abbiamo (l'ha) preso da Ricordi, a Bologna, il giorno dei sospiri. La sua partenza incombeva come un temporale. Il mio cuore era carne tritata per il polpettone. E comprammo tutti e due un cd di Chopin. Molto appropriato.

Buzzati mi suggerisce le parole:

Ricordi la sera
che i due si baciavano e tu solo
Chopin discese
dalle mansarde di Dio
ti colpì per sempre alla nuca
facendoti grande
e infelice


Non riesco a lascar andare. Non riesco a lasciar andare. Non riesco a lasciar andare.

***

Ho finalmente capito il significato di "emotional roller-coaster". Dovevo salirci per comprenderlo, e ora che l'ho fatto non vedo l'ora che la corsa finisca.

Streghe

Per essere solo giovedì oggi sono straordinariamente stanco. In ufficio mi sono trascinato a fatica all'ora di timbrare in uscita, come se i tasti della calcolatrice pesassero chili.
Questo senso di pesantezza non mi ha aiutato quando ho incontrato R. al supermercato (ma chè?? sto scrivendo in rima o cosa?). Era tanto che non la vedevo, ma la diffidenza che ho maturato per lei è riemersa borbottando come un palombaro dagli abissi. Visto poi che odio fare la spesa, associare la persona alla circostanza a me sgradevole è stato uno scherzo. Dovrò cambiare supermercato.
Forse sono stato troppo freddo. Ora che ci penso me ne rammarico un po'. Comunque anche sforzandomi non credo che avrei potuto riscaldarmi più di tanto. Io sono quasi uno specchio, ho la tendenza a riflettere ciò che ho intorno. Eravamo ben lontani dal banco surgelati, ma vi assicuro che per poco non mi si gelavano le sopracciglia.
Adesso sono qui a guardare l'ennesimo vaso di Pandora scoperchiato. Le streghe urlano isteriche, svolazzandomi attorno sulle loro scope. Code di lucertola e polvere di ragno.
Ma non riesco a credere di divertirmi così. Ma i tempi sono diversi ora. Non ci sono pozioni che tengano. I tarocchi parlano a vanvera, raccontano barzellette sconce. Gli spilli sono caduti dalla bambolina voodoo.
Per una volta penso che mi addormenterò col sorriso sulle labbra. Non c'è niente di meglio che scoprirsi capaci di spezzare un incantesimo. O un maleficio.

sugarland express

Oggi a tavola una collega ha aperto una bustina di zucchero con eccessiva veemenza, zuccherando i presenti sottoscritto compreso. Non ho potuto trattenere una sonora risata (l'azione era stata esilarante e degna dei migliori film di Jerry Lewis), ma tutto quello zucchero non è bastato ad addolcire i meno spiritosi.
Nel silenzio che è seguito, il treno dei miei pensieri, solitamente su un binario morto, ha preso a correre verso destinazioni ignote alla partenza. Ed essendo un semplice passeggero di seconda classe, non mi è restato altro che ammirare il panorama in attesa del capolinea.
E alla fine questo è arrivato, inaspettatamente (o forse no?) prevedibile e a modo suo doloroso. Il treno ha anche effettuato soste in una quantità di stazioni. Per fare un paragone, è come se, per andare da Milano a Lodi, si passasse per Como, Novara, Torino e Genova.
Un altro collega ora faceva lo spiritoso circa la possibilità di zuccherare il caffè con una grattatina fra i capelli, ma il mio umorismo era in pausa pranzo. Tenevo in mano la mia bustina di zucchero, che recava la scritta Beghin-Say in basso e così in piccolo da passare quasi inosservata. Pensavo ad alcune zollette di zucchero, incartate una per una con quel marchio su un lato e il disegno di un monumento di Parigi sull'altro, e mettendole tutte insieme formavano un puzzle con la mappa ideale di quella città. Ad un tè a colazione una fredda mattina di dicembre, lontano dal mondo dei vivi. Alle piastrelle gelate sotto i piedi e il calore che m'invadeva il cuore. A Orfeo ed Euridice.
Con una doccia ho tolto lo zucchero dalla testa. Il resto non è venuto via.

friends are the family we choose for ourselves

Un weekend frettoloso. Una combinazione di impegni da togliere il fiato. Venerdì cena in un postaccio affumicato e i prezzi ingiustificati: Ferrara è il paradiso per chi ama locali come questo, in mano a improvvisati che cercano di raschiare fino al fondo del barile per il tempo (si spera poco) in cui il posto "tira" in quanto novità.
Sabato giornata strana. Di quelle che si dimenticano in fretta ma che pure lasciano un segno, da qualche parte, anche se non so dove.
Pomeriggio in punta di penna (ma ho combinato poco o niente) in compagnia di David Sylvian e un attacco di depressione.

Voices heard in fields of green
their joy their calm and luxury
are lost within the wanderings of my mind

I'm cutting branches from the trees
shaped by years of memories
to exorcise their ghosts from inside of me

The sound of waves in a pool of water
I'm drowning in my nostalgia


Cena con amici ciarlieri di lunga data. Il calore della tavola aiuta a passare sopra alla carbonara appena dignitosa (il cuoco ero io!), e a dimenticare sia il venerdì che il pomeriggio stesso (non ho bisogno di "nemici"... riesco a fare benissimo tutto da solo). Le solite chiacchiere, ma a volte sono una benedizione. Chi fa cosa e dove. Chi sta con chi e non più con chi altro. Il lavoro è uno schifo, L'economia ferrarese è uno schifo al cubo. Dalla serata nascono propositi per una castagnata e una vacanza tutti insieme in un agriturismo sugli appennini. Sinceramente, ho forti dubbi che si realizzi anche solo la castagnata. Ma, come dice il vecchio Vasco, va bene così. Ci siamo divertiti e rilassati.Tanto basta.

Ora dirò la Banalità con la "B" maiuscola: ma dove va il tempo? Chi fa cosa e dove? Due bancari, un avvocato, una ricercatrice universitaria, un'impiegata del fisco. Penso a come eravamo quasi vent'anni fa, quando eravamo tutti e cinque solo studenti in legge, e non riesco a trattenere il sorriso. Ma dico, cosa avremmo pensato di noi stessi se allora avessimo avuto la chance di vederci così come eravamo a tavola sabato? No, non particolaremente invecchiati, ma diversi. Le stesse persone ma diverse. Non resisto, ho una citazione anche da The Boxer di P. Simon e credo che non ve la caverete. Infatti eccola qua: "after changes upon changes we are more or less the same".
Beh, anche io sono più o meno lo stesso di ciò che ero allora, ma credetemi se vi dico che non so cosa avrei potuto pensare. Forse mi sarei sentito sollevato, ecco, nel vederci tutti lì a tavola e nessun assente (tranne quel pazzo di Serj al palazzetto, ma era in preventivo). Perchè le cose che si danno per scontate sono le prime a sorprenderci con la loro assenza, e questo vale anche e soprattutto per le persone.
Si parlava di destino, casualità, fortuna/sfortuna.
Sono grato alla vita perchè i miei amici sono lì a prendermi in giro, e io sono lì che posso essere preso in giro.

gold dust

Piove da questo pomeriggio. I primi momenti scendeva qualcosa che somigliava a nevischio. Ora viene che Dio la manda.
Siedo in auto e so che è troppo presto. Spengo il motore per attendere l'ora improrogabile dei sorrisi. Ma nel frattempo alzo il volume dell'autoradio e chiudo gli occhi.
Tori Amos canta Gold Dust. Gli archi, nelle scale basse, fanno vibrare tutto. Li percepisco attraverso la scarpa. Il pianoforte mi accarezza il viso, dolce e struggente.

How did it go so fast, you'll say,
as we are looking back
and then we'll understand,
we held gold dust in our hands.

Dura troppo poco. Ma ormai comincia a far freddo, nel mio guscio metallico. Apro gli occhi. Oltre il mio parabrezza rigato dalla pioggia qualche coppia s'affretta, sotto gli ombrelli, verso il weekend.

Vado anch'io.

#13

E' il tredicesimo messaggio, e caso vuole che vi si parli di sfiga.
Oggi un collega, citando un articolo letto chissà dove, ha osato dire sopra le sue tagliatelle che la sfortuna non esite. Apriti cielo (che piovono santi)! E' stato immediatamente sommerso da esempi "sfigati", e nonostante la sua eroica resistenza alla fine è stato costretto alla resa.
Non sono del tutto in disaccordo circa la non esistenza della sfortuna. Avendo studiato legge, mi sono trovato ad affrontare il cosiddetto "principio della materialità" nel diritto penale, ovvero il principio per il quale perchè un fatto (una condotta) sia punibile è necessario che sia stato ciò che ha prodotto materialmente il danno. Esempio: io sparo a tizio. Tizio muore. Io sono causa dell'evento. Oppure: io sparo a Tizio ferendolo gravemente. Arriva un'ambulanza che carica Tizio e parte a sirene spiegate. Al primo incrocio l'ambulanza sbanda e ha un terribile incidente, in seguito al quale Tizio muore. Io sono causa della morte di Tizio si o no? Se io non gli avessi sparato non si sarebbe trovato a bordo dell'ambulanza. O no?
Lo studio della causalità è affascinante e ricco di controversie, ma in sintesi la cosa che colpisce di più è l'idea che il "caso" non esiste. Niente è casuale, è semplicemente una questione di ignoranza. Se fossimo onniscienti il caso non potrebbe mai sorprenderci.
Se, ad esempio, sapessimo che Pincopalla, al volante della sua Punto giallo Ferrari con cerchi in lega e sospensioni ribassate, sta sopraggiungendo all'incrocio senza notare il semaforo rosso perchè intento alla regolazione dell'autoradio, col cavolo che spingeremmo sul gas allo scattare del verde. Oppure, per meglio intenderci, se fossimo coscienti dell'esatto grado di usura dei nostri pneumatici, dell'esatta traiettoria della ruota sulla carreggiata, della presenza e dell'esatta posizione di un vetro appuntito sulla strada, il fatto di bucare proprio in quel posto e proprio in quel momento (magari a notte tarda e sotto una pioggia torrenziale) non ci stupirebbe affatto. E anzi cambieremmo la nostra condotta di conseguenza.
Dicevo però di non essere "del tutto" in disaccordo. Permangono dubbi che stanno a monte di tutto ciò.
Prima di tutto, e fino a prova contraria, nessuno di noi è onnisciente. (Non so voi, ma io neache ci terrei ad essere onnisciente, dato che mi rovinerebbe il gusto della lettura e la visione dei film. Ok, chiusa parentesi).
In secondo luogo, anche la conoscenza a volte, se mi permettete questo gergo giurisprudenzialistico, non è sufficiente ad evitare l'evento dannoso. Deja-vu: "attento che si scivola!"... Sbam! E giù santi innocenti.
Dulcis in fundo, i meccanismi della causalità sono così complessi o arbitrari, o tutte e due le cose insieme, che sfido chiunque, compresi i professori di diritto penale, a non chiamarne il risultato "sfiga".
Se nel giro di un quarto d'ora tre diversi distributori di benzina self service vi fottono ogni singola banconota che avete (visto!), o la donna che passeggia a un passo da voi si sistema la borsetta, e urtando la bottiglietta d'acqua che reggete la colpisce, evidentemente, in un punto sensibile, facendola letteralmente esplodere sulle vostre Clark's nuove di zecca (visto anche questo!), o se colpiti sulla folta capigliatura dalla perfida "bomba" di un piccione, alzate lo sguardo al cielo per lanciargli una maledizione e venite centrati in piena fronte dalla perfidissima bomba sganciata da suo fratello (visto anche questo, indovinate dove? Esatto! Venezia!), ammettetelo, non vi viene subito da dare la colpa alla vostra ignoranza.
E quindi, nonostante l'ammirevole ed eroica resistenza del collega contro l'astio generale che l'ha percosso senza pietà, devo unirmi al coro. Ebbene, la sfiga esiste. E siamo tutti (tutti!!) sotto tiro.

guidando

Mentre guido continuo a cercare con gli occhi le Medical Towers come punto di riferimento, le luci bianche intermittenti alla sommità delle guglie gemelle. Solo che sono a casa. Le strade si srotolano da un gomitolo di spago rinsecchito, non da un rocchetto di lucido nastro per pacchi dono.
Per un attimo credo di scorgere ciò che cerco, ma l'illusione è presto distrutta dal contesto. Le "guglie" in realtà non sono che due tralicci qualsiasi. Gli alberi non li coprono più.
Tutto ciò dà da pensare.
Mi guardo indietro (no, non nello specchietto retrovisore), cercando di capire se nella mia vita ho già compiuto un simile errore, verso un luogo o magari una persona. La risposta mi spaventa. Adesso che ho una nuova chiave di lettura per la mia vita, questa chiave si dimostra un paradigma entro il quale riesco a far stare qualsiasi cosa. Ogni esperienza del mio passato vi s'adagia comodamente, come in una vasca ad idromassaggio, lasciandomi interdetto a guardarla, quasi incapace di reazione.
Sorrido della mia ingenuità, della mia ippocondria emotiva. Un anno fa, solo un anno fa, questi pensieri non mi avrebbero turbato più di tanto. Ora sarei capace di fermarmi in C.so Piave a chiedere a un passante come raggiungere le torri del St. Luke's.

other voices

Avevo promesso storie, ma una volta entrato nel tempio il tabernacolo s'è riempito di emozioni.
Pazienza. Arriverà anche il momento delle storie.
Ho cose da dire, anche se devo farlo nel modo più oscuro.
Ho una bella voce ma non so cantare. Che c'entra, direte voi. C'entra, c'entra.
Non so cantare, ma mi rimangono le parole impresse nella mente, in punta di labbra. A volte le canto a squarciagola mentre guido. Ricevo strane occhiate ai semafori. Ma è una liberazione. Una liberazione. Abbasso il volume della radio, in modo di sentire meglio la mia voce (è bella ma non so cantare), e via. Libero le parole:

I know a man
He came from my home town
He wore his passion for his woman
Like a thorny crown.

Libero le parole:

Sometimes I think you want me to touch you
How can I when you build a great wall around you.

Libero le parole:

I'm so sad - like a good book I cant' put this day back
A sorta fairytale with you.

Penso alla mia cantantessa lontana, così lontana. E in più neanche mia, se devo dire la verità. A quanto mi mancano le smorfie che faceva quando cantavo. Potevo capirlo anche all'altro capo del telefono.
Così libero le parole:

I hear my voice
I hear my voice
And it's been here
Silent all these years.

universi in pizzeria

Poche considerazioni prima del sonno.
Ogni uomo è un universo.
Ogni mente è un'entità che contiene in sè il proprio infinito.
Nessuno è paragonabile a nessuno.
Basta osservare il modo in cui ognuno di noi mangia la pizza.

orbita bassa

Credo di essere ancora sotto l'effetto del jet-lag.
La fatica che faccio ad alzarmi dal letto è poco al di sotto della forza di volontà necessaria per compierla. Ragione per cui, alla fine, mi ritrovo in bagno a lavarmi la faccia. Basterebbero pochi grammi per centimetro quadrato in più per mantenermi a letto. Oppure una giornata particolarmente piovosa. Accresci la fatica o diminuisci la forza di volontà: stesso effetto.
Poi però ingrano.
A fine giornata i conti tornano, e quando sarebbe ora di andare a dormire sento l'impulso irrefrenabile di fare quattro passi o di mettermi a leggere un romanzo (cosa che non faccio da mesi).
Stasera, invece, ero a cena con i poeti.
Gradisco la loro compagnia solo dopo un po'. Mi sento sempre a disagio nei primi minuti, forse addirittura la prima ora. E non saprei dire perchè. Il gruppo, di cui mi sento appartenere e che mi accetta come tale, è affiatato e informale, addirittura goliardico (se mi passate questo termine inflazionato e forse non del tutto calzante). Eppure, anche sapendo questo, anche assaporandone con anticipazione l'evento, ci metto sempre un po' a entrare nello spirito.
Mi sono sempre chiesto perchè. Ma ogni risposta risponde anche alla domanda del perchè, in prima istanza, li apprezzi tanto. Forse è per la loro sincerità, per il loro genuino entusiasmo verso ciò che è bello - che sia una citazione da un film di Bergman o lo spacco immaginifico nell'abito di una bella figliola - forse per la naiveté dei loro (dei nostri) consessi, per l'impudenza con cui prendiamo in prestito, maltrattiamo e restituiamo tutte sgualcite idee, immagini e concetti.
La difficoltà che incontro nei primi momenti è forse comprensibile se prendo ad esempio un'immagine da un libro che ho (arghhh!!!) prestato e che probabilmente non rivedrò mai più, almeno in questa vita.
Ad un certo punto la protagonista salta fuori con la perla che segue:
"Ma tu, quando ti vuoi avvicinare a una persona, che fai? Acceleri o rallenti?"
Non ditemi che non sapete la risposta. La dovete sapere. La dovete sentire sulle labbra nel momento stesso in cui leggete la domanda.
Riformuliamo:
Inutile accelerare per calare l'orbita. Calare l'orbita rende più veloci.
E poi non dite che non vi avevo avvertito :-)