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Eccomi di nuovo con la penna in mano. La vecchia stilo dal pennino raschiante e il dolce profumo d'inchiostro. Inchiostro blu, per l'esattezza. Non ne esiste di altro colore. E' tutto qui, nel fluido movimento del polso, scandito in quattro quarti come solfeggio. La curva elegante della c, le onde della u, la o come la luna, l'inciampare del pennino a mezza erre prima del volteggio acrobatico finale.

E a furia di mettere puntini sulle i farò sembrare questo foglio il mantello d'un dalmata.

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gira la ruota

Giri di vite. O di vita, se vogliamo. Vorrei cambiare il carattere con cui è scritto quanto mi riguarda. Farebbe comunque schifo, ma almeno sarebbe in un bel Garamond corpo 12. Così scorrevole e leggibile.

[Tra un attacco ipertensivo e l'altro, faccio in tempo a registrare mentalmente il seguente epico episodio. Premessa: Ferrara, città delle biciclette. Mi ripenso adolescente e aitante, mentre pedalo con noncuranza con 4 sotto zero senza guanti, felice di vedere gli sbuffi del mio fiato. Poi, in classe, mi ci voleva un quarto d'ora per riprendere sufficiente sensibilità alla mano da impugnare la penna. Col tempo ho imparato a indossare i guanti (meravigliosa invenzione), ma noto che l'adolescente medio non ha modificato i costumi di un'età. Eccolo lì che giunge bello spanizzo col il bavero del cappotto alzato alla Corto Maltese, pedalando flemmatico con le mani al calduccio ciascuna stretta sotto l'ascella opposta. Sono certo in questo momento avrete realizzato che, trovandosi le mani dove ho detto, il manubrio deve per forza essere incustodito. Ve ne siete accorti voi e se n'è accorto il beffardo destino. Per entrare nella mia visuale il tizio ha compiuto una virata brusca spostando il peso del corpo, mostrando discreta agilità oltre che ottima coordinazione. Ma ecco, sembra non aver tenuto conto che il fondo stradale, in via Voltino, non è il levigato asfalto di via Palestro, bensì uno scosceso quanto malmesso acciottolato pieno di buche e avvallamenti. E quindi non compie cinque metri che già la ruota davanti viene bruscamente deviata da una gobba. Ballonzolando sulla sella, sempre con le mani sotto le ascelle e un invidiabile ottimismo, il tizio tenta di aggiustare la rotta con un colpo di reni. Ma le ruote hanno deviato verso una profonda buca sulla quale rimbalzano come molle nella direzione opposta. Questo secondo ostacolo imprime alla traiettoria della bicicletta un andamento zigzagante che Corto Maltese prova coraggiosamente a raddrizzare a colpi d'anca. Le sue mani sono ancora ben strette sotto le rispettive ascelle, ma ora sul suo viso è dipinta un'espressione che sembra voler dire: "Oooooocccazzzooooooo!!!" Mi scanso appena in tempo. Ormai il tizio s'è reso conto che sarebbe il caso di riprendere saldo possesso del manubrio, e all'uopo ha sfoderato le mani dalla loro singolare protezione, ma troppo tardi. Il manubrio, troppo a lungo lasciato a sé stesso, all'ennesimo ostacolo gira la ruota a 90 gradi rispetto alla traiettoria di volo ed è come se si piantasse al suolo. La ruota di dietro invece, assieme al resto del telaio con tutto il tizio sopra, si solleva leggermente, e facendo perno sulla ruota piantata compie una rapida rotazione di 180 gradi, che al Circo Orfei gli sarebbe valsa applausi a scena aperta, al termine della quale il pilota si trova tutto bello disteso sui ciotoli. Due ragazze che portano a passeggio un cane ridacchiano mentre gli passano accanto. "Ehi, stai bene?" gli chiedo. Ma il tizio è già rimontato in sella e sta pedalando di lena verso l'oscurità in fondo alla via, stavolta con le mani al posto giusto. Fortunatamente non ho dovuto impararlo a mie spese, ma a quanto pare i guanti hanno anche una funzione antinfortunistica.]

Ed ora la pubblicità.

our pain

Certe volte è così difficile non lasciarsi commuovere dalla semplicità cui rinunciamo, giorno dopo giorno, senza nemmeno rendercene conto. Una frase, una mano che stringe una spalla in segno d'amicizia, di condivisione. L'affetto frustato dai tempi che resiste, malgrado tutto. Legami. E il dubbio doloroso, nel profondo dell'anima, di non esserne degni.

Mi disarma, questa cosa, e m'addolora. Scoprirmi intento a pianificare l'acquisto di qualche nuova ultracostosa diavoleria tecnologica (sicura compensazione) con l'improbabile certezza che sarà QUELLA, finalmente, a sollevare il fardello d'inquietudini che reco sulle spalle, e scorgere d'un tratto la tenera felicità negli occhi di mia madre, per alcune piantine costate non più di una manciata (in senso letterale) di centesimi.

Amleto, Amleto. Avevi ragione tu. Il mondo è fuori squadra. E maledizione chi è che può rimetterlo in sesto, ora?

Piango.