november rain

Trenta novembre

Piove
anche nei miei sogni
da troppo tempo
non sopporto questo
stillicidio di sentimento
che la gente passando
calpesta
come foglie morte
sul cemento
umido dei marciapiedi

e
non riesco a credere
che già sia il trenta
di novembre.



uno zero

Uno, zero. Bianco, nero. Giorno, notte. Luce, buio. Vita, Morte.

E' ora, maledizione, di prendere una dannata decisione.

meno due

Stamane la nebbia m'aspettava al varco.

Troppo. Stanco. Ora.

fog

meno tre

Qualcuno deve aver fatto un cazziatone coi fiocchi al responsabile per gli omaggi aziendali, perché quest'anno, con solerzia inquietante, abbiamo ricevuto la strenna già ieri (che era il 24 novembre). Ora, non è che la cosa mi dia così fastidio. Ma non riesco a far a meno di chiedermi se tra il mese di ritardo dell'anno scorso e il mese d'anticipo di quest'anno non sia possibile trovare una ragionevole media.

[...]

Pensavo, oggi, tra me e me delle forme e dei numeri, mentre contemplavo l'ordinata stampa da excel dei contributi versati al F.do di Solidarietà Credito. Colonne ben proporzionate di date e importi, totali in grassetto scanditi per trimestre, filetti a fine pagina. Il mio sguardo scivolava sui numeri, soppesando meditatamente le proporzioni, le implicazioni. E all'improvviso venivo trascinato su una strada pericolosa da un'innocente concatenazione mentale.

Dunque, nel giugno 2002 - disse boriosamente non so quale metà del cervello all'altra -, l'ufficio si trovava ancora nella vecchia sede, abitavo nella grande casa in via Copernico, ero agli sgoccioli con quella che sarebbe stata la mia ultima partita a scacchi via e-mail (e la stavo pure perdendo), e ogni, ognissimo giorno, quando staccavo da lavoro, montavo in auto e mi fiondavo a Frassinelle sul set del film, per sentire gli attori recitare le battute che avevo scritto per loro. Dunque, nel giugno del 2002 ero ragionevolmente felice.

La metà di cervello che aveva ascoltato non sembrò particolarmente colpita dalla notizia. Si limitò ad un sorrisino sufficiente e, in evidente tono di sfida, portò i miei occhi su "agosto 2002". L'altra metà raccolse la sfida con orgoglio, enunciando con precisione le tratte in traghetto, le dune di Chia e Piscinas, le tavolate di amici, proseguendo sempre più animatamente fino ad esaurimento scorte.

Kim Novak, platinata e sognante, indicava col ditino squisitamente calzato in un guanto di camoscio due punti sulla sezione del tronco di una sequoia, nel film "La donna che visse due volte". Qui sono nata, qui sono morta. Il tabulato dei contributi al fondo esuberi fu per un momento come il minuto reticolo su quel tronco. I cerchi sostituiti dalla colonna delle date.

Agosto 2002, settembre 2002, novembre 2002, febbraio 2003, maggio 2003.

Qui ho preso l'aereo verso l'ignoto, qui l'ho preso per raggiungere il mio destino. Qui ho scritto una poesia d'amore, qui ho imbucato tulipani olandesi. Qui ho vegliato col respiro mozzo, qui ho riposato tra le braccia della mia amata. Qui ho riso da rimaner senza fiato, qui ho pregato di rimaner senza lacrime. Qui ho gustato le seadas col miele, qui ho bevuto l'orribile caffè nero della sconfitta. Qui ho passeggiato con l'amata al fianco, qui mi sono trascinato a casa senza forze o speranze. Qui ho spento le luci, qui ho acceso candele profumate. Qui ho recitato, qui sono stato me stesso. Qui ho avuto paura ma sono stato coraggioso, qui invece sono stato un codardo. Qui sono nato, qui sono morto.

La vita si dipana davanti e dietro me, divisa in trimestri.


meno quattro

Scendendo.

Un volo d'uccelli, frenetico, ondeggiante nell'aria pulita, tra le palme di piazza Yenne, mentre il sole cala. E' una sera colorata da vetrine e pensieri. Venerdì e innamorato. Il cervello cortocircuitato dai baci. Fendo la folla pittoresca della città di mare, innamorato, innamorato di tutti. La cicciona con la maglia nude-look, il guercio che si mangerebbe Corto Maltese a merenda.

I lampioni mi riportano all'auto in via Roma, col porto dall'acqua scura, il mare che rabbuia. Si sta facendo tardi, ma è ancora così presto. Ora che l'ho tenuta tra le braccia sono ancora più impaziente, più agitato. Che ore sono? Dove sei, amor mio?

Poetto mi scivola accanto, fuori dal finestrino appannato dal mio respiro. Ho paura di svegliarmi e scoprire che è un sogno.

[Messaggio probabilmente trovato sul tavolino di una stanza d'albergo a Cagliari]

meno cinque

Al ritorno da un funerale, frastornato dalla ridda infinita di parenti mai incontrati prima. Il de cuius un'idea lontana e nebulosa dal taglio ordinato di capelli e i modi gentili. Strette di mano, abbracci.

Un tempo forse avevo fede. In chiesa mi veniva naturale pregare, anche se non avrei saputo dire se le mie preghiere fossero indirizzate a qualcuno in particolare, della SS Trinità. Oggi, cullato dal mormorio indistinto del rito che mi scorreva addosso - come il fiume sul greto sassoso - la fede taceva.

Solo un sussulto, dove credo di avere un cuore, nell'ora sbagliata ma inevitabile. Anche lì, mimetizzato dal dolore dei più. Ben celato sotto il giubbotto pesante, la sciarpa.

Novembre. Con mani gelate scuote i rami dell'albero dei ricordi, e i frutti ormai marci mi cadono in testa.

Rendiamo grazie.


meno sei

Il vento soffiava ma non sentivo freddo, quel giorno sulla banchina a Marina Piccola. Un panino sotto un tendone - praticamente all'aperto -, col sole sardo che occhieggiava benevolo tra le nuvole.

Sperimento, in questi giorni, una nuova forma di ricordo. L'elisione istantanea dei lunghi mesi di convalescenza emotiva. Tutto sparito in un bà. Mai accaduto. Non è un ricordo, è "adesso".

fadin' memory II

Qualcuno con la muta armava una barca, un catamarano dalle vele arancioni e bianche, una pala del timone appoggiata allo scafo di dritta, l'altra fuori dalla mia vista. Il cuore era già al largo, e un vento propizio lo sospingeva sulle onde crestate di spuma bianca.

Non è un ricordo, è "adesso".

L'aria m'entrava nel petto ad alimentare la fornace. Le nostre labbra si sfioravano allo sgraziato cantare dei gabbiani.

Non è un ricordo.

Ai piedi della Sella Del Diavolo

adesso

la sua mano m'accarezza la nuca.

toilet paper (memorable quotes)

Subject, Toilet paper. One, on 6 June 1941 this vessel submitted a requisition for 150 rolls of toilet paper. On 16 December 1941 the requisition was returned with stamped notation, 'Cannot identify material required.' Two, the commanding officer of the USS SeaTiger cannot help but wonder what is being used at the Caviti Supply Depot as a substitute for this unidentifiable material once so well known to this command.

Cary Grant in Operation Pettycoat

time out of joint

raining

Il tempo non aiuta.
Questo stillicidio di pioggia e ricordi che inzuppa il calendario, nel silenzio della casa. Nel silenzio. Gutta cavat lapidem. S'è scavata una via. There's a hole in my head where the rain comes in. E ciò che entra poi non esce più.

Immergo la sonda nel profondo. Uno scandaglio in cerca di fondali.

cold wind blowin'

Freddo.
Non sono preparato al freddo, anche se ho steso il piumone sul letto, nel suo bel copripiumone bianco e rosso dell'Ikea. Il calore non mi basta mai. E in questa circostanza mi rifugio nell'abbraccio del sogno.

subway

Allineando i "se" uno accanto all'altro, potrei tracciare due volte la circonferenza della Terra.

Intanto m'incammino. Intanto m'incammino.

halloween

E un altro Halloween se n'è andato.

Per anni, le uniche notizie che avevo riguardanti questa festa mi erano date dai fumetti di Shultz. Bambini vestiti da fantasmi, "o la borsa o la vita" (così "trick or treats" veniva tradotto negli albi dei Peanuts), l'immortale Linus che trascorre la notte nell'orto in trepidante attesa del Grande Cocomero.

Poi, trascinato dagli eventi in quel di Houston, Texas, vi giunsi nel bel mezzo della follia halloweeniana, e cominciai a rendermi meglio conto. Percorrendo in taxi la six-ten, ai lati della strada potei vedere smisurate distese di enormi zucche arancioni. Prego notare che l'accento è da porsi su "smisurate" e "enormi". Da qui il dubbio: ma davvero avevano bisogno di tutte quelle zucche? Di quante zucche, in termini del tutto teorici, aveva mai necessità lo houstoniano medio? Non sapevo che di lì a poco avrei trovato risposta alle mie domande.

Ancora pochi giorni prima, nel prendere l'aereo, non mi avrebbe nemmeno sfiorato il pensiero di poter essere invitato ad una festa di Halloween, ma ora che l'amica al telefono me lo proponeva all'improvviso non stavo più nella pelle. La festa si sarebbe tenuta a casa di Meredith, una giovane e molto gentile signora del gruppo di volontariato del Medical Center.

Arrivammo sul pick-up di Leslie. Di quante zucche aveva bisogno lo houstoniano medio? Solo dal cancelletto del giardino agli scalini della veranda ce n'erano sei, due delle quali, poggiate sul primo scalino, erano intagliate con stupefacente maestria, evidenziata dalla tremolante e suggestiva luce della candela posta al suo interno. Dentro ce n'erano altrettante, per giungere al totale di dodici e permettendomi una prima stima del fenomeno. Dunque, dodici zucche pro capite per cinque milioni di abitanti (che all'epoca era la popolazione di Houston) facevano sessanta milioni di zucche. Okay, ero colpito.

A quella festa conobbi anche Lilly ed Elsa, che sarebbero diventate mie grandissime amiche. La prima travestita da coniglio (al nostro successivo incontro non la riconobbi, senza lo strato di peluche), la seconda da camerierina francese sexy (sottolineato svariate volte e in rosso "sexy"). Non è infatti vero che a Halloween ci si travesta esclusivamente seguendo temi tenebrosi o lugubri. E' il loro carnevale, e qualsiasi costume va bene. Forse è per questo che rimasi di stucco - sicuramente tratto inganno dalla camicia di flanella a quadrettoni, i jeans slavati con fibbiona d'ottone con sopra il proverbiale armadillo, e i camperos -, quando Joy iniziò a cantare. Ma insomma, provate a immaginare: in una casa in Texas, un tizio vestito da cowboy attacca il jack all'ampli e accorda la chitarra. Cosa pensate che suonerà? Lucio Battisti? E così Meredith richiama l'attenzione del publico (del "variegato" pubblico, composto da streghe, scheletri, fantasmi, conigli, alieni, samurai e un R. Nixon) annunciando che Joy canterà qualche canzone. E, dopo il caloroso applauso d'incoraggiamento, Joy arpeggia per qualche secondo, per scaldare le dita, e poi attacca:

"Il carretto passava e quell'uomo gridava: 'gelati!'..."

Stupore.

Però è giusto. Insomma, se fosse stato lui a Ferrara e io a cantare, avrebbe sentito "A forest"!