fade to black

Lido Spina / esterno / giorno
Un'estate qualsiasi. Nel caldo afoso giochiamo al gioco dei portafogli. Un gioco facile. Ci si toglie il portafoglio di tasca e si pesca nel suo interno, alla ricerca di qualcosa di soprendente. Raramente si rimane delusi, soprattutto se è passato un po' di tempo dall'ultima volta che lo si è fatto. Il portafogli di un uomo è un po' l'equivalente in formato tascabile della borsetta femminile. Ci si rintanano le cose più singolari. Un amico conserva nel suo portafogli ben quattro blocchetti di buoni pasto, che sostituisce con nuovi carnet man mano che esauriscono. Un'altro vi conserva come una reliquia lo scontrino fiscale emesso in occasione del suo primo acquisto di una scatola di profilattici. Un'altro ancora - in una bustina trasparente come quella che nei telefilm usano per raccogliere reperti sulla scena di un delitto -, un ricciolino di peli pubici della sua ragazza. Comunque...
Ritorniamo a Lido Spina / esterno / giorno.
Assorto nella lettura del romanzo di turno, non noto il progredire di una mano al gioco del portafogli e il borseggio del mio zainetto, che di fatto mi rende un concorrente involontario. Con l'orecchio buono, però, mantengo un blando controllo della situazione. Di solito si inizia con i documenti d'identità, soprattutto se dotati di foto. Percepisco alcuni lazzi al mio indirizzo (devono aver trovato la patente), ma non mi scompongo. Poi uno della ghenga estrae la fotografia di Cesare, e subito mi lancia un'occhiata strana.
"E questo?" cantilena con aria allusiva.
"Un mio amico."
"E come mai stà qui?"
"E' morto."
Con aria colpevole ripone la fotografica dove l'ha trovata, ma non riesce a trattenere la battuta (e gliene sono grato).
"Spero di non finire mai nel tuo portafogli." Sorrido.
Lo spero anch'io, amico mio. Lo spero anch'io.

Ferrara, chiesa di S. Benedetto / esterno / sera
Inverno. Più che mai. Stamane, andando in ufficio, ho imprudentemente azionato lo spruzzino, creando una patina di gelo sul parabrezza che mi ha costretto a fermarmi e attenderne lo scioglimento. Cerco di far mente locale, ma non mi riesce di pensare a un 23 dicembre in cui non abbia fatto un freddo cane. Mentre mi avvicino al portale ripenso al 23 dicembre che ha dato inizio a tutto questo gelo.

Flashback: 23 dicembre 1991.
Cammino sotto le luminarie, nel centro gremito di Ferrara. Ma "gremito" è una piccola parola. Più che una folla sembra un esodo biblico. Fra due giorni è Natale, che diavolo! E' ora di comprare! E compro anch'io. Anzi (ellissi), ho già comprato. E carico di pacchetti e bustine colorate m'avvio verso casa con un cuore felice ingiustificato. Sono in dialisi da due settimane, non ho molte ragioni per essere felice. C'è solo questa cosa strana, che avvolge e spreme la mia emotività fuori dagli occhi. Sì, il Natale. E il calore, che posso già percepire a due giorni di distanza, della famiglia che si stringe attorno al suo "infermo". Ho un regalo per tutti, grande o piccolo. Per tutti. A casa c'è l'albero. Il presepe, addirittura, dopo alcuni anni di assenza. Gatta Miciona che si struscia sulle mie caviglie, e mi dà i "bacini" sul naso quando la prendo in braccio. Quanto amore sospeso lì a mezz'aria. Quanta serenità. Troppa serenità.
Infatti è tutto inghiottito dal silenzio di una telefonata.
Natale fra due giorni. Ventitrè anni per sempre.

Sambe - cappella laterale / interno / sera
Il sacerdote celebra la funzione e io lo ignoro completamente, la mente intenta ad esplorare, come tutti gli anni, dentro di me alla ricerca di quel che di Cesare è rimasto. E' una ricerca facile, un ritrovamento affettuoso, come estrarre uno dei miei libri preferiti dal mucchio anonimo sullo scaffale. So benissimo che è lì, appena sotto la superfice, ma ritrovarlo è una gioia struggente.
Quest'anno però fa più male del solito. La messa in sè non mi è mai stata di conforto, ma il vedere riuniti lì gli amici in qualche modo placava un po' il senso di perdita. Quest'anno siamo in tre. Più una "presenza per delega".
Lo so, maledizione. Lo so. Se fossi impossibilitato a intervenire, il mio cuore sarebbe comunque qui, in questa cappella un po' freddina e piena di gente che vi si trova solo perchè ha voglia di prendere messa alle sei del pomeriggio, e per caso oggi è il 23 dicembre. Gente che Cesare non sa neanche com'è fatto, che non l'ha mai sentito cantare Bennato o i Gang, o visto giocare a tennis o a calcio nel campetto fangoso di Sambe o "a Ragio", ormai millenni or sono. So anche che chi oggi non è qui col corpo lo è con lo spirito. Assolutamente. Ne sono più che certo.
Eppure non riesco a non chiedermi: "dove sono tutti?"
Dissolvenza in chiusura...

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