to run into a wreck

Può darsi ch'io abbia avuto un'illuminazione, quest'oggi, rincasando dall'ufficio, zigzagando tra gli eterni cantieri stradali, uscendo dalle irrefrenabili traiettorie dei tir all'ultimo secondo disponibile, in mezzo al pendolarume spicciolo cittadino che rischia orrendi sinistri in sorpassi azzardatissimi, salvo poi inchiodare inspiegabilmente davanti a un semaforo verde.
Lì, correggendo costantemente la rotta per evitare di trovarmi rinchiuso in una gabbia di lamiere contorte e fumanti, la percezione di un pericolo così contingente m'ha afferrato e ho capito una cosa assai importante: che è davvero come fossi reduce da un tremendo incidente.
E' davvero come mi fossi trascinato fuori dai rottami fumanti della mia vettura, e rimessomi faticosamente e stentatamente in piedi iniziassi ad esaminare me stesso per inventariare i danni. Iniziassi toccandomi il collo, e al contatto una fitta tremenda mi facesse tremare in preda al dolore e alla nausea. E poi provassi con la spalla sinistra, ottenendo lo stesso risultato. Quindi col braccio, altra fitta. E poi, sempre più preoccupato, mi toccassi il torace, e che qui il dolore fosse tanto intenso da farmi quasi svenire. E il medesimo risultato ottenessi toccandomi lievemente entrambe le ginocchia. Ma che alla fine capissi per puro caso l'assurda, potrei dire comica, verità. Che tutto ciò che ho toccato è sano e incolume, ed è la mano che l'ha toccato a dolere così tanto.
E mentre parcheggiavo sotto gli alberi in Piazza Ariostea, e scendendo dall'auto vedevo i giovani scambiarsi allegramente un pallone sull'erba, le coppie che amoreggiavano sulle panchine, le famiglie che passeggiavano degustando invidiabili coni gelato, gli anziani comunque eleganti pedalare contromano sotto il sole, ho capito perchè tutto, tutto ciò, mi duole insopportabilmente negli occhi e nel petto. Ed è perchè cerco di toccarlo col mio cuore tumefatto.

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