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Qui a Houston sono le 10 di sera.
Fuori dalla finestra del Marriott Medical Center Hotel posso vedere, quel tanto che le torri del St. Luke's Episcopal Hospital e del Texas Children's Hospital mi permettono, a sud. Una spianata di luci bianche, gialle o rosse che si estende fino all'orizzonte (sono al 22o piano).
In testa mi ronzano le parole di una canzone degli U2: "...and oustide is America."
La' fuori c'e' l'America. Il caldo umido del Texas sta cedendo all'autunno. La TV ronza in sottofondo spot pubblicitari alieni, interrotti a tratti da qualche sporadica sequenza di un film con Eddy Murphy.
Gli U2 cedono il posto a Paul Simon: "...all gone to look for America."
Tutto e' ancora piu' grande di come lo ricordavo. L'Astrodome, addirittura, sembra una casupola alluvionata, in confronto allo stadio colossale che gli hanno costruito a fianco. Cantieri sorgono ovunque, e di giorno e' tutto un formicolare di omini tarchiati e olivastri con gli utensili alla cintura e l'elmetto in testa. Palazzi cristallini come fontane sorgono dove ricordavo prati. Sulla Holcombe un complesso di appartamenti, in mia assenza, ha fatto in tempo ad essere costruito, abitato, abbandonato e a diventare pure fatiscente! In America anche il tempo e' piu' veloce.
Non mi spiego, allora, le facce annoiate...
Rimangono familiari i bumper stikers, che non si trovano da nessun'altra parte. Mentre guidi t'incanti a leggerli, rischiando di sbagliare strada per inseguire il tizio con la Mercury grigio-topo ammaccattuccia e rugginosa, la targa pendula dal paraurti, e la scritta: "Careful, driver just doesn't give a shit anymore!"
Il piu' bello: "God Bless America... and please hurry!"

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